Titolo originale: Mansfield Park
Autore: Jane Austen
Traduzione: Laura De Palma
Casa editrice: BUR
Anno di pubblicazione: 2010
Genere: sentimentale/romanzo di costume
Mansfield Park è uno dei romanzi di Jane Austen. Considerato "il più oscuro", esso venne pubblicato per la prima volta nel 1814 e, a seguito di un grande successo di pubblico, nel 1816 fu tradotto in francese.
La protagonista dell'opera è una giovane, Fanny Price, che viene adottata dai suoi zii nella casa che dà il nome al romanzo. La narrazione, infatti, si svolge quasi tutta dal punto di vista della protagonista femminile, tranne per qualche piccola incursione del narratore. Fanny è un personaggio passivo e totalmente inattivo, che basa la sua vita sulle proprie emozioni e che fa uno strappo alla regola solo quando s'intestardisce a non sposare un uomo che non ama. Nel finale ella ottiene il suo "lieto fine" perché ha perseverato nel comportarsi in modo adeguato, seguendo il moto del suo cuore per il cugino. Nonostante ciò, Fanny non ispira la stessa simpatia di Elizabeth o Emma.
Al contempo, esiste nell'opera un protagonista, Edmund, che non è un eroe, anzi, spicca per la sua insipidezza. Egli cede alle grazie di Mary senza troppo pensarci su ed alla fine sceglie la cugina solo perché ritiene che il comportamento della donna sia più consono alla società ed adeguato ai suoi gusti. Non assistiamo ad un vero e proprio innamoramento e, forse, il loro matrimonio sarà piatto e senza passione. Credo che Edmund, essendo rimasto ferito dall'innamoramento nei confronti di Mary, si abbassi a prendere Fanny come sposa, che, essendogli stata sempre accanto, gli dà un senso di sicurezza e protezione.
I personaggi sono, come sempre, ben descritti anche se mi aspettavo qualcosa di più. Non riesco ad affezionarmi ad essi come a quelli di altre opere della stessa autrice. In particolare sono rimasta delusa dal cambiamento mancato di Henry Crawford, capisco che non è lui il protagonista dell'opera, però sarebbe stato bello vederlo sotto una nuova luce. Mi sarebbe piaciuto che lui cambiasse sul serio, dimostrando a Fanny di non essere solo un dongiovanni ma anche qualcosa di più profondo - come ha tentato di fare a Londra prima del grande scivolone finale. Ma forse l'autrice sapeva che certi cambiamenti, in nome dell'amore, sono pressoché impossibili.
Il personaggio più sgradevole, tra tutti quelli inventati dalla Austen, è sicuramente la signora Norris, che istiga un senso di violenza nel lettore ogni volta che appare sulla scena, viziando le nipoti e maltrattando Fanny.
La scena che fa scoprire le vere inclinazioni di tutti i personaggi è quella in cui si organizza una rappresentazione teatrale dell'opera "Lover's vows" di Elizabeth Inchbald. Infatti, nonostante tutto quello che succede successivamente, credo che i personaggi restino fedeli al se stesso mostrato in questa scena. Sarà dal comportamento che ha in questa scena, che Fanny lascerà il suo posto di personaggio nell'ombra e diventerà davvero la protagonista della storia.
Mi sono piaciute molto le scene in cui è presente William, il fratello della protagonista, dove, secondo me, quest'ultima dà finalmente il via libera ai suoi sentimenti.
Per quanto riguarda le scene ambientate a Portsmouth, è molto bella la contrapposizione che si ha con le altre scene che si presentano in modo luminose e queste, in stile quasi dickensiano.
L'ultimo capitolo ha la funzione di chiarire come si concludono le vicende di tutti i personaggi, ma c'è da dire che il finale non lascia molta soddisfazione.
Come consuetudine, Jane Austen, prende come spunto le sue opere per fare una critica. In questo caso prende in esame i modi della società dell'epoca, che nascondeva cattive intenzioni dietro una facciata di buone maniere. Ancora una volta il suo attacco è rivolto verso ipocrisia e utilitarismo. Ed ovviamente non possono mancare riferimenti alla concezione del matrimonio dell'epoca. Fanny, infatti, parla e si comporta seguendo esattamente i dettami della società, rinunciando alla sua spontaneità. La presa in giro della Austen qui sta nel fatto che, anche se ella è riuscita ad ottenere il suo lieto fine, non si sgancia da quella società che l'aveva così a lungo maltrattata ed il suo comportamento non fa altro che renderla senza passione e vitalità.
La lettura dell'opera è piacevole e scorrevole, sopratutto per quanto riguarda la seconda parte, ma sicuramente non è la miglior fatica della Austen.
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