lunedì 30 giugno 2014

Col nostro sangue hanno dipinto il cielo


Titolo: Col nostro sangue hanno dipinto il cielo
Autore: Eleonora C. Caruso
Casa editrice: Speechless books
Anno di pubblicazione: 2014
Genere: narrativa

L’amore è un prodotto come un altro.

Eleonora C. Caruso col suo Col nostro sangue hanno dipinto il cielo ci regala uno spaccato della società giapponese che sono in pochi a conoscere. 
La realtà in questione è quella degli host, dei personaggi che vengono pagati per far sentire amate le persone senza però ricorrere al sesso. Ciò ci ricorda che le nostre società "moderne" mettono in atto un meccanismo che ci porta a mercificare tutto, anche l'amore (menomale che l'aria che respiriamo non può essere comprata e/o venduta!). In particolare qui è Tokyo che mette continuamente alla prova i suoi abitanti e non li mette più in condizione di vivere i loro sogni, bensì di sopravvivere.
Sebbene io da studiosa della lingua e della cultura fossi a conoscenza di questa, e delle molte realtà che sono ad essa collegata, ho trovato il tono del racconto un po' forzato, e la mano calcata. 
Mentre in un primo momento mi ha ricordato NP di Banana Yoshimoto, in un secondo momento ho ritrovato forte in lei il pensiero occidentale e, per quanto ami gli scrittori che sono riusciti ad unire oriente ad occidente, non sono proprio riuscita a farmi piacere il suo di modo. Dalla sua scrittura si evince, in ogni caso, un'ampia conoscenza della cultura di cui sta parlando; che sia autobiografico il siparietto dell'italiana malinconica sulle scale?

Il protagonista, Shun, carica il lettore di emozioni e porta alle estreme conseguenze il lato negativo della società giapponese, la solitudine. Ho ritrovato, inoltre, una certa critica, attraverso questo, alla società giapponese che purtroppo ha dei ruoli ben definiti per tutti quelli che la formano. Emerge però nel protagonista una sorta di "lato positivo", un po' dato dalle sue origini europee (ed anche qui rivedo un collegamento alla società asiatica che tende a voler assomigliare sempre più a quella occidentale anche se, a mio parere, ciò va a distruggere il bello della tradizione) ed un po' dalla voglia di cambiare il finale della propria storia. 
Toru, invece, è un personaggio secondario, che a mio parere col suo atteggiamento ottimista vuole dare ancora una luce di speranza nella Tokyo che ama ma che solo di recente viene a conoscere per quella che è. 
Nonostante ciò, i due personaggi insieme sono l'emblema della sconfitta.


La storia lascia perplessi in alcuni punti e, il tema dell'omosessualità è il grande non trattato. Ma è forte il tema, chiamato già in passato da Baudelaire, le mal du vivre.

Una volta mi hai detto che adori Tokyo, ti ricordi? Allora abbi il coraggio di guardarla in faccia.

Credo che, in ogni caso, la tesi dell'autrice sia quella di farci comprendere che molte culture, o luoghi, che si amano quando vengono conosciuti più a fondo perdono la perfezione loro attribuita inizialmente, anche se, ovviamente, non è questa l'unica chiave di lettura per carpire i segreti di quel bellissimo paese che è il Giappone
Il testo è insomma un pugno nello stomaco per quelli che amano ed hanno amato il paese del sol levante, senza tener conto, o conoscere, i suoi lati negativi. 

Ho comunque apprezzato del formato l'idea di cominciare il racconto dal penultimo capitolo e poi di tornare indietro e le citazioni ad uno dei miei manga preferiti, Nana. Mi lascia però perplessa nel finale, avrei voluto che la storia continuasse e che in qualche modo si approfondisse.

Voto: 2/5

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